Tour guidato del Borgo antico
- OtrantoWelcome
- 3 apr
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 28 apr
3 ore nel cuore della Città di Otranto

Il nostro viaggio alla scoperta di Otranto non può non partire da "Porta Terra", l'ingresso del Centro Storico. Un'occhiata sulla destra ci da l'idea dell'andamento delle mura costruite in età aragonese (fine sec. XV).
Entrando da questa porta ci troviamo in uno spazio triangolare, una specie di piazza d'armi, realizzata nei primi decenni della seconda metà del '500.
Di fronte abbiamo la Porta Alfonsina

Porta Alfonsina, edificata durante il XV secolo come parte della cinta muraria della città, era stata commissionata da Alfonso d'Aragona, dal quale prese anche il nome.
Si tratta della porta principale della città aragonese, che, collocata in posizione contrapposta al Castello, recuperava probabilmente l'ingresso alla cittadella di epoca medievale e forse anche messapica, come si evince da alcuni resti, inglobati all'interno della galleria, nella zona centrale.
Nella prima configurazione, alla fine del '400, risultava composta da due mezze torri affiancate, con la porta al centro ed un percorso per raggiungerla, scoperto superiormente.
Anteriormente era protetta da un rivellino triangolare e da un fossato superabile attraverso un ponte levatoio.
Le due mezze Rondelle hanno caratteristiche simili a quelle angolari del circuito fortificato, come la Duchesca, con una prima parte a parete verticale, oggi nascosta dal riempimento del vecchio fossato (il toro marcapiano infatti è posto al livello del pavimento della piazza), una seconda a scarpa, separata con un toro da una terza porzione a parete verticale, dalla quale sporge il coronamento superiore sorretto da beccatelli e archetti ciechi.
Anche porta Alfonsina, come le altre Rondelle, nella sua configurazione iniziale, di fine '400, si presentava con la parte superiore più bassa e definita da merli con feritoie per gli archi e balestre.
Tutto ciò è ancora percepibile osservando le finestrelle esistenti, originariamente vuoti tra due merli consecutivi.
Agli inizi del '500, quando si operò la sua sopraelevazione fu coperto lo spazio anteriore tra le due torri con una volta a botte, chiusa in facciata da un arco a tre centri.
Alcune archibugiere a foro tondo denunciano la presenza di ambienti interni un tempo indispensabili per la difesa radente, oggi accessibili solo in una delle due torri.
Sulla facciata principale è presente l'epigrafe "ALFONSINA" che ne attesta la dedica ad Alfonso I , padre di re Ferrante, o al figlio Alfonso II.
Sull'altro lato dell'ingresso era presente una seconda epigrafe che recita SIT VIRGO MATER FORTITUDO MEA (Sia la Vergine Madre la mia fortezza).
Osservando il monumento sembra evidente che alcuni disegni del Codice Magliabechiano del Maestro senese Francesco di Giorgio Martini (1439-1502) siano stati alla base del progetto otrantino. Il Bacile di Castiglione dà notizia dell'esistenza di una iscrizione, posta sull'arco della porta, riportante:
" FERDINANDUS REX DIVI ALPHONSI FILIUS DIVI FERDINANDI NEPOS ARAGONIUS PORTAS MUROS AC TURRES POST RECEPTUM A TURCIS OPPIDUM SUO REG. STIPENDIO E FUNDAMENTIS FACINDUM CURAVIT
TRADUZIONE:
Re Ferdinando d'Aragona, figlio del divino Alfonso, nipote del divino Ferdinando, dopo aver riconquistato la città dai Turchi, curò la costruzione dalle fondamenta di porte, mura, e torri, con il suo regio stipendio.
Al primo incrocio svoltiamo a destra per Via Basilica non senza aver ammirato gli avanzi di una "casa-torre" con in alto dei bellissimi archetti pensili.
La strada è in progressiva salita e subito alla nostra sinistra si staglia l'imponente mole del lato sinistro della Cattedrale sul quale si apre l'accesso alla cripta.

La Cripta, divisa in 48 campate quadrangolari coperte a crociera sostenute da 42 colonne marmoree e 23 semicolonne in muratura.
Questo è il primo esempio in terra pugliese di "cripta ad oratorio". Parte delle colonne sono di spoglio, come i capitelli, alcuni dei quali di chiara matrice bizantina; eccezionali i capitelli figurati, come quello con i grifi o quello decorato con quattro figure di arpie.
Sulle pareti della cripta vi sono affreschi cinquecenteschi e tracce di decorazione medievale.
Ora possiamo decidere di salire su per le scale per arrivare direttamente all'interno della Cattedrale oppure uscire dalla cripta e proseguire per la salita che porterà all'entrata principale.
Uscendo, di fronte, dall'alto lato della strada, troviamo l'alta Torre Campanaria di impianto normanno.
Continuando la salita arriviamo in Piazza Basilica.

La Cattedrale, dedicata a Santa Maria Annunziata, fu elevata nel XII secolo sui precedenti insediamenti di epoca messapica, romana e paleocristiana. Consacrata il primo agosto del 1088 dal Legato Pontificio Roffredo, sotto il papato di Urbano II, è la Cattedrale più grande del Salento. La facciata con due spioventi ai lati e due finestre monofore mostra al centro un rosone rinascimentale fatto rifare dall'Arcivescovo Serafino da Squillace all'indomani della liberazione della Città dal dominio turco, durato 300 giorni dal 1480 al 1481, periodo in cui la Cattedrale fu trasformata in moschea. Di forma basilicale con pianta a croce latina (lunga m. 53 e larga m 25) è divisa in tre navate da 14 colonne marmoree con capitelli, abachi ed echini, su cui si elevano archi, possiede un vasto bema e tre absidi semicircolari. Nel 1482, l'abside di destra fu allargata per creare la Cappella dei Martiri di Otranto.

Di pianta ottagonale, sormontata da una volta "stellata" , la Cappella ospita lunghe teche che racchiudono i resti mortali dei martiri rimasti insepolti e incorrotti per 13 mesi sul Colle della Minerva e trasferiti dopo la liberazione del 1481 nella Cattedrale dove, nel 1482, fu costruita in loro onore la prima versione della Cappella. Quella che oggi ammiriamo è opera del 1711. Dietro l'altare è custodito il "sasso del martirio", usato per la decapitazione degli ottocento come riferisce l'epigrafe qui esposta.

Commissionato nel 1163 dall'arcivescovo di Otranto Gionata, il pavimento a mosaico fu eseguito dal monaco Pantaleone. "Suo intendimento è riprodurre con immagini quanto i suoi confratelli insegnavano e studiavano nel suo Monastero", scrive don Grazio Gianfreda. "Rivela che Oriente e Occidente sono una distinzione richiesta dal tempo e dalla storia; che non rappresentano lo scontro di due culture, bensì il compendio di una sola cultura che sa conservare la propria identità anche attraverso le mutazioni imposte dagli eventi". Pantaleone rappresenta il momento storico hydruntino di quegli anni dove convivono due religioni, quella cristiana e quella ebraica, e dove coabitano diverse culture. Il mosaico della Cattedrale di Otranto è stato realizzato con delle tessere policrome di calcare locale molto duro. La tendenza di stile è romanica, con alcuni elementi bizantini. L'opera musiva si snoda lungo la navata centrale, le seminavate laterali, l'abside e il presbiterio. Pantaleone ha voluto simboleggiare il dramma dell'uomo nella lotta tra il bene e il male, tra la virtù e il vizio. "Il manto musivo va letto, anzi sfogliato, pagina dopo pagina, accuratamente", ci dice don Grazio, come se fosse un grande libro di pietra.

Sulla stessa piazza della Cattedrale, all'interno di Palazzo Lopez. troviamo il Museo Diocesano. Il palazzo fu edificato, al tempo del dominio spagnolo, dalla nobile famiglia Lopez. Al nucleo più antico, costituito dalla cinquecentesca casa-torre, nel XVII secolo venne addossato un più ampio corpo di fabbrica, a completare la dimora signorile.
Dopo anni di importanti e accurati interventi di restauro, voluti da Mons. Donato Negro, il museo, a partire dal 1 luglio 2024 ha riaperto le porte sotto l'episcopato di Mons. Francesco Neri.
Il rinnovato percorso, sui tre piani dell'edificio, espone alla fruibilità meravigliose opere di scultura, preziosi argenti, ricchi manufatti tessili, antichi volumi a stampa e suppelletile ecclesiastica di notevole pregio.
Sul lato sinistro del Palazzo si apre la stretta stradina che porta al Castello.

Il Castello, nella sua configurazione iniziale, di fine '400, si presentava a forma di quadrilatero (trapezio rettangolo) , con ai vertici quattro Rondelle (torri circolari), con quella rivolta verso il mare in posizione più sporgente, come spesso rappresentato nei trattati da Francesco di Giorgio Martini.
La configurazione che oggi osserviamo è frutto di costanti modificazioni, che interessarono la fortezza per tutto il '500, imposte dalla continua evoluzione e perfezionamento delle armi da fuoco.
E' delimitato su tutti i lati da un profondo fossato che viene superato all'ingresso con un ponte, oggi con arco in pietra e calpestio in legno, probabilmente in origine di tipo levatoio.
Un corridoio stretto immette direttamente nell'atrio del piano terra. Attraversandolo si nota l'ispessimento della facciata realizzato agli inizi del '500.
Tutti gli ambienti del piano, sviluppati a ridosso delle cortine esterne, a pianta rettangolare o quadrata, si affacciano sul cortile interno e sono coperti da sistemi a volta.
All'esterno del quadrilatero originario si sviluppano due ambienti, certamente tra i più rappresentativi dell'intera struttura: le sale triangolare e rettangolare.
La sala triangolare fu generata dagli ampliamenti di metà '500, quando fu aggiunto all'esterno il bastione tra le due Rondelle. Particolarmente suggestiva è la copertura a volta di questa sala definita dall'intersezione di tre unghie di padiglione in pietra carparo che seguono la particolare forma in pianta del locale.
La Cappella al piano terra si presenta parzialmente affrescata e contiene al suo interno varie cornici ed epigrafi, tra le quali quelle della tomba di Donna Teresa De Azevedo, morta il 23 febbraio del 1707, alla quale il marito, Don Francesco de la Serna e Molina, castellano dell'epoca, dedicò una tenerissima epigrafe in cui la indica quale "esempio di pudicizia, dea di bellezza, modello di onestà, prole di eroi spagnoli".

Al di sotto del piano terra del Castello si sviluppa un intrigo di cunicoli, gallerie e piccoli ambienti, che definisce il "sistema dei sotterranei" . Si tratta di ambienti di grande valore storico, molto suggestivi, rimasti immodificati sin dalla loro costruzione, risalente al primo impianto di fine '400. Solo alcuni percorsi hanno subito, con il perfezionamento delle armi da fuoco, nel '500, piccole trasformazioni e ampliamenti.

I sotterranei sono il luogo in cui diventa più facile leggere le differenti fasi che hanno caratterizzato la costruzione del Castello: il primo impianto di fine '400, le fodere e i rinforzi delle cortine e di alcune rondelle di inizio '500, l'aggiunta del bastione triangolare di metà '500 e, infine, la realizzazione del puntone verso mare di fine '500.
Attraverso una scala in pietra coperta e una scala esterna, sempre in pietra, si può raggiungere il ballatoio del primo piano, che garantisce l'ingresso ad una serie di ambienti che ricalcano in grandi linee posizione e impostazione del piano terra.
Da questo livello si accede, però, all'interno delle tre rondelle ancora oggi presenti agli spigoli.
Nel cuore delle rondelle, protette da una spessa cortina esterna, sono presenti ambienti a pianta circolare, coperti da cupole emisferiche in pietra carparo, in cui erano collocate bombarde e cannoni orientati verso bocche di fuoco comunicanti con l'esterno.
Sulle coperture sono presenti i percorsi di ronda, protetti da muri molto spessi con feritoie per la disposizione di cannoniere.
Sia sulle cortine esterne che all'interno dell'atrio sono presenti alcuni stemmi araldici di sovrani e nobili, protagonisti della storia del Castello. Particolarmente interessante quello posto sul portone d'ingresso con lo stemma scolpito dell'Imperatore Carlo V.
La fortezza è la location del primo romanzo gotico della storia: Il castello di Otranto, di Horace Walpole (1764).
Ritornando sui nostri passi per addentrarci nell'abitato imboccando, sulla destra, Via Papa Costantino, svoltiamo in Via Immacolata dove esisteva - si scorgono ancora gli avanzi - l'omonima cappella; imbocchiamo il vicoletto a sinistra: l'arco rampante che ci troviamo di fronte indica la mole del Bastione dei Pelasgi.
Procediamo ancora avanti in salita e svoltando a sinistra ci troviamo sulla cortina dei Pelasgi dove si ammira un magnifico panorama.

I Bastioni dei Pelasgi, sono il punto più suggestivo della città di Otranto: si può infatti ammirare il panorama del Porto e sorseggiare un drink in uno dei locali alla moda presenti in questa zona
All’interno del bastione si trova la splendida Torre Matta, modello di torre circolare di fine Quattrocento inglobata all’interno di una struttura pentagonale di metà Cinquecento. Acquistando un biglietto è possibile ammirare la torre all’altezza della parte cilindrica sporgente e quindi in ascensore scendere fino alla sua base.
Imbocchiamo la stradina in discesa che ci porta a Corso Garibaldi, la Via dello Shopping.
Prima di svoltare a sinistra proprio di fronte c'è l'arco di Palazzo Arcella i cui piedritti sono basi marmoree (forse di colonne onorarie) con epigrafi latine che ricordano due imperatori, M. Aurelio Antonino e L. Aurelio Vero (II sec. d.C.) di età romana.

Percorriamo, in leggera salita, tutto il corso fino ad arrivare a Piazza del Popolo dove svetta la Torre dell'orologio costruita nel 1799, provvista dello stemma della città (la torre con il serpe avvinghiato). Da qui seguiamo le indicazioni per arrivare alla Chiesetta di San Pietro che si raggiunge da una caratteristica e irregolare scalinata.

La Chiesa di San Pietro costituisce una preziosa testimonianza del dominio bizantino in Terra d'Otranto, epoca in cui la città divenne sede metropolitana (nel 968) alle dirette dipendenze della sede patriarcale di Costantinopoli. La sua datazione è stata per lungo tempo oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma dall'analisi della struttura, degli affreschi e delle iscrizioni in lingua greca, sembra riconducibile al secondo periodo aureo dell'architettura bizantina che si avviò a partire dal IX-X secolo d.C.. Infatti, la pianta quadrata contiene una croce greca inscritta, tipica di questa fase dell'architettura religiosa bizantina. All'interno, tre piccole navate sono sormontate da una cupola centrale, sorretta da quattro colonne. Nelle tre absidi sul fondo si dispongono gli splendidi affreschi in stile bizantino databili dal X al XVI secolo. Le pitture più antiche sono la Lavanda dei piedi, che raffigura il Cristo nimbato nell'atto di sollevare la gamba di S. Pietro, e L'Ultima Cena. Al XIV secolo sono ascrivibili la Natività, la Pentecoste e l'Anastasis (la Resurrezione), mentre all'ultima fase del XVI secolo la Presentazione al Tempio e altre figure di santi.
Usciamo e svoltiamo a destra, passiamo attraverso l'arco e raggiungiamo Via Scupoli dove si affacciano diversi edifici risalenti al periodo che va dal '500 al '700. Accanto agli ingressi di alcune abitazioni sono collocato grosse palle di pietra: sono i terribili proiettili che l'artiglieria turca lanciò nel fatidico 1480.
Girando a destra, percorriamo Via Scupoli,; in fondo attraverso due stradine (Via De Ferraris e poi, a sinistra, Via Melorio) giungiamo alla parte iniziale di Lungomare degli Eroi dove troviamo il Monumento bronzeo dedicato ai Martiri del 1480.

Da qui possiamo raggiungere i giardini pubblici e proseguire per Lungomare Terra d'Otranto dal quale si gode un’incantevole vista del mare e del litorale della città.
La passeggiata può proseguire fino a giungere il Faro Bianco, passando dalla Chiesetta della Madonna dell'Altomare e l'alta falesia che si affaccia sulla baia di Otranto e da cui si gode di gode di una vista incomparabile sul centro storico.
