
Otranto
Otranto, una meta ideale per ogni età, con opportunità di svago e relax per tutti i gusti e le esigenze.
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Otranto, situata tra la Valle dell’Idro e l’Adriatico, fu per molti secoli il centro politico, culturale e commerciale del Salento, che continua a chiamarsi anche Terra d’ Otranto. Le sue origini e il suo nome risalgono alla prima colonizzazione magno-greca, che fece di questa città, la più orientale d’Italia, il ponte d’unione tra l’Oriente e l’occidente mediterraneo. Prima che i turchi la radessero al suolo (1480), Otranto svolse un ruolo di primaria importanza nella storia del Mezzogiorno italiano, specialmente durante il medioevo e le crociate e nei lunghi periodi di lotta tra papato e impero, tra bizantini, goti e longobardi, e poi in età normanna (ne resta la testimonianza nella grandiosa Cattedrale sveva e angioina fino all’avvento degli aragonesi. Nella città sono rimaste tracce, più o meno evidenti, specialmente nelle opere d’arte, del paesaggio di tutte queste civiltà. Oltre a un inestimabile patrimonio artistico, Otranto ha la fortuna di godere di un clima di eccezionale mitezza in quasi tutti i mesi dell’anno.

Il Borgo Antico
Nonostante la forte espansione edilizia, il Centro Storico della città, di una bellezza incomparabile, è rimasto pressoché intatto. Le strade, lastricate di pietra viva e tutte convergenti per un compatto impianto architettonico verso la cattedrale, sono strette e si snodano a serpentina tra le case bianche di calce. Dentro la città palpita ancora una vita fatta di echi millenari, in un dialogo incessante tra torri e bastioni, reso più vivace nelle giornate in cui il levantino o il tramontano s’incunea per le viuzze, rincorrendosi senza posa e levigando di più le grosse palle di granito catapultate dalle “bombarde” dei turchi nel 1480 e rimaste lì, sul limitare delle cale, a ricordo di una storia più gloriosa di qualsiasi arma gentilizia.

La Cattedrale
La Cattedrale, dedicata a Santa Maria Annunziata, fu elevata nel XII secolo sui precedenti insediamenti di epoca messapica, romana e paleocristiana.
Consacrata il primo agosto del 1088 dal Legato Pontificio Roffredo, sotto il papato di Urbano II, è la Cattedrale più grande del Salento. La facciata con due spioventi ai lati e due finestre monofore mostra al centro un rosone rinascimentale fatto rifare dall'Arcivescovo Serafino da Squillace all'indomani della liberazione della Città dal dominio turco, durato 300 giorni dal 1480 al 1481, periodo in cui la Cattedrale fu trasformata in moschea.
Di forma basilicale con pianta a croce latina (lunga m. 53 e larga m 25) è divisa in tre navate da 14 colonne marmoree con capitelli, abachi ed echini, su cui si elevano archi, possiede un vasto bema e tre absidi semicircolari. Nel 1482, l'abside di destra fu allargata per creare la Cappella dei Martiri di Otranto.
Il tetto è a capriate coperto da un soffitto a cassettoni dorati voluto, insieme ad un trionfale arco barocco ed alla disposizione in sette teche di marmo dei resti dei Santi Martiri di Otranto, dall'Arcivescovo Francesco Maria De Aste.

Il Mosaico
Il pavimento musivo, realizzato tra il 1163 e il 1165, sotto il regno di Guglielmo il Malo, commissionato dall'Arcivescovo Gionata reca la firma del presbitero Pantaleone. È l'unico pavimento musivo di epoca normanna rimasto integro in Italia e mostra un gigantesco arbor vitae che costituisce una vera e propria summa medievale tradotta in immagini.
Al suo interno si possono osservare figure allegoriche come l'Ascensione al cielo di Alessandro Magno o Re Artù, temi dell'Antico Testamento come la Torre di Babele, il Diluvio Universale, Salomone e la Regina di Saba, un calendario medievale, l'Inferno ed il Paradiso.
"Suo intendimento è riprodurre con immagini quanto i suoi confratelli insegnavano e studiavano nel suo Monastero", scrive don Grazio Gianfreda. "Rivela che Oriente e Occidente sono una distinzione richiesta dal tempo e dalla storia; che non rappresentano lo scontro di due culture, bensì il compendio di una sola cultura che sa conservare la propria identità anche attraverso le mutazioni imposte dagli eventi". Pantaleone rappresenta il momento storico hydruntino di quegli anni dove convivono due religioni, quella cristiana e quella ebraica, e dove coabitano diverse culture.
Il mosaico è stato realizzato con delle tessere policrome di calcare locale molto duro. La tendenza di stile è romanica, con alcuni elementi bizantini.
L'opera musiva si snoda lungo la navata centrale, le seminavate laterali, l'abside e il presbiterio. Pantaleone ha voluto simboleggiare il dramma dell'uomo nella lotta tra il bene e il male, tra la virtù e il vizio. "Il manto musivo va letto, anzi sfogliato, pagina dopo pagina, accuratamente", ci dice don Grazio, come se fosse un grande libro di pietra. Nella navata centrale svetta un altissimo "albero della vita" sui cui rami si alternano personaggi di ogni tipo: biblici, mitologici, storici, animali, angeli, diavoli, creature mostruose. Quest'albero, nel vecchio Testamento, simboleggiava l'Immortalità di Dio. "Tutto ha origine dall'albero", scrive ancora don Grazio; "l'albero è la radice, la sorgente di ogni manifestazione di vita". Qui si possono ben notare re Artù, Caino e Abele, i mesi e lo zodiaco, la Torre di Babele, Diana e il cervo ferito, lo Scacchiere dell'Essere, Alessandro Magno su due grifoni alati, i due grandi elefanti che sorreggono l'albero, e via dicendo. Presbiterio Pantaleone vi ha racchiuso tutta la storia dell'umanità, a cominciare dalla tentazione nell'Eden di Adamo ed Eva. Si prosegue con la raffigurazione di dieci ruote contenenti immagini del bestiario e, in ultimo, con quattro medaglioni nei quali sono raffigurati la regina di Saba, re Salomone, la Sirena, il Leopardo e l'Ariete. L'abside accoglie la storia del profeta Giona.
Lungo la parte superiore, poi, sono ritratti la caccia al cinghiale, rappresentante, probabilmente, la lotta tra i cristiani e satana, e Sansone, simbolo del Cristo vittorioso.
Realizzata certamente prima dell'XI secolo, la cripta si caratterizza per le 48 campate voltate a crociera, sostenute da 42 colonne monolitiche di marmo grezzo o levigato di varie dimensioni e qualità, probabilmente recuperate da antichi edifici del territorio.
Le colonne sono disposte su 4 file e altre 23 semicolonne sono addossate alle pareti perimetrali a sostegno delle suddette campate.
I capitelli, tutti di pregio, presentano simboli cristiani e motivi vegetali, figure antropomorfe, animali e mostri.

La Cripta
Spiagge & Coste
Otranto e le sue bellissime spiagge e calette: uno spettacolo tutto da scoprire​
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Coste a nord di Otranto e Laghi Alimini
I La spiaggia di sabbia più bella di Otranto si trova verso nord, a circa 7 km dalla città dei Martiri, ed è la spiaggia di Baia dei Turchi, il cui nome ci ricorda lo sbarco dell’esercito turco proprio tra questi granelli di sabbia, nel 1480. Qui il paesaggio è splendido e incontaminato, un paradiso caraibico dalle magnifiche spiagge bianche baciate dal sole, tra sentieri che si fanno largo in una fitta pineta.
Quasi a confine con la Baia dei Turchi si arriva alla Spiaggia degli Alimini. Qui la sabbia è dorata e il mare sempre piatto in quanto protetto dalla posizione geografica ottimale e la luce particolarmente intensa rende le acque di uno splendido color turchese acceso.
I Laghi Alimini sono l’elemento più caratteristico dell’agro otrantino. Sono due bacini con fisionomie diverse: il più meridionale, detto “Fontanelle”, sgorga da una sorgente sotterranea; la sua conca è nella roccia, e l’acqua è dolce; mentre l’altro, “Alimini Grande” è alimentato da Fontanelle attraverso un canale chiamato "Lu strittu".

Coste a sud di Otranto
Il porto della città segna la divisione fra due tipi di costa nettamente distinti. Si passa dalla roccia bianca, segnata dai cespugli sempre verdi della piccola Baia dell’Orte, dove svetta ancora, quasi a sfida dei venti e dei secoli la vecchia Torre del Serpe, presente sullo stemma della città, alla costa alta e rocciosa in uno scenario pittoresco e suìggestivo tra promontori e calette sino a raggiungere dopo pochi chilometri, Santa Cesarea, ove quattro sorgenti di acque termali sgorgano in altrettante grotte collegate con gli stabilimenti delle terme attrezzati per le cure idroterapiche con fanghi radioattivi, per inalazioni e nebulizzazioni. A poca distanza, ai piedi della costa che scende a picco sul mare, le famose grotte “Zinzulusa” e “Romanelli” di particolare interesse turistico e scientifico per la ricchezza del materiale preistorico in esse ritrovato.